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Dott. Tomaso Trevisson

Dott. Tomaso Trevisson

URL del sito web: http://www.tomasotrevisson.it

L'importanza di essere social per le PMI

Pubblicato in OK!BLOG

Facebook, Twitter e blog sono entrati rapidamente nelle imprese rivoluzionando il rapporto tra le persone e arricchendolo di una dimensione sociale.  Le piccole e medie imprese in particolare sono sempre più consapevoli del fatto che i social network, se utilizzati in un certo modo, possano apportare benefici, a livello di visibilità e per fare brand awareness.

Nel corso degli anni infatti, il web ha rivoluzionato il tradizionale e-commerce. Grazie alla rete di social network, blog e portali in cui pubblicare video, immagini e commenti, chiunque è in grado di trovare le informazioni utili per la sua ricerca. L’expertise degli utenti sul web tra l’altro è migliorata molto rispetto a qualche anno fa: oggi si naviga per cercare pareri personali, esperienze di altri utenti, per capire se ci si possa fidare o meno di un prodotto/servizio. Prima di acquistare qualsiasi cosa su Internet, per l’utente è diventata quasi routine cercare informazioni sul prodotto o servizio rivolgendosi a persone che l’hanno già acquistato. Dialogano sui social network, si scambiano pareri e informazioni su blog e forum e molto spesso il tutto avviene senza che l’azienda ne sia al corrente. Insomma, i Social Network  per i consumatori sono strumenti potentissimi che consentono loro di verificare la bontà delle offerte, e più in generale, della comunicazione di qualsiasi impresa. Eppure, essere “social”, oggi, non è prerogativa dei singoli individui ma può essere un vantaggio anche per le PMI. Alcune ricerche dimostrano che l’uso dei social media può apportare per le aziende almeno sette vantaggi:

maggiore visibilità del marchio e dei prodotti aziendali (per l’85% delle aziende);
incremento del traffico verso il sito web aziendale (per il 63% delle aziende);
supporto alla costruzione di nuove relazioni commerciali (per il 56% delle aziende);
migliore posizionamento sui motori di ricerca (SEO) 54%;
acquisizione di contatti in target 52%;
supporto alla vendita di prodotti e servizi 48%;
riduzione degli investimenti in pubblicità tradizionale 48%.

Tuttavia il mondo social non sembra ancora essere così radicato nelle imprese italiane, perché  non viene ancora percepito come uno strumento strategico di supporto al business. A rivelarlo, uno studio condotto fra maggio e novembre 2010 dall'Università Iulm di Milano, che ha censito i comportamenti e le attitudini all'utilizzo del Web 2.0 di 720 aziende di tutte le dimensioni attive sull'intero territorio nazionale e in sei diversi settori (moda, alimentare, alimentare, sanitario, pubblica amministrazione, banche ed elettronico). Basandosi su un indicatore che misura in una scala da 1 a 10 il livello di sviluppo delle attività di social media marketing messe in atto dalla singola azienda, il dato in questione si è fermato a 0,79, con una percentuale che va dall'1,75 delle aziende più grandi allo 0,16 di quelle più piccole. Le eccezioni non mancano, e riguardano specificatamente il settore bancario e alcuni enti pubblici.  Eppure il quadro generale della diffusione dei social media in azienda non è affatto così disastroso, dato che circa il 10% delle piccole aziende ne fa uso in modo sistemico, circa il 35% di quelle medie ha puntato su almeno un canale di comunicazione di questo tipo e il 58% di quelle di grandi dimensioni è attiva su uno o più siti. Gli strumenti più utilizzati? Facebook ovviamente,  utile soprattutto per creare community intorno al brand o a specifiche iniziative commerciali, LinkedIn, per rafforzare le relazioni B2B con altri imprenditori, anche verso l’estero, i blog, per creare canali di conversazione informali e partecipativi con il proprio target e infine YouTube i cui video sono molto efficaci per presentare le caratteristiche di nuovi prodotti e servizi. Twitter risulta invece ancora poco conosciuto in Italia, anche se è uno strumento molto efficace per comunicare news e informazioni in tempo reale al proprio mercato di riferimento. Un ulteriore strumento che in futuro potrà offrire grandi vantaggi alle PMI è Foursquare, molto efficace per stimolare le occasioni di incontro sul territorio e promuovere specifiche iniziative commerciali.
Se ancora il trend social non si è sviluppato in Italia è solamente questione di tempo. Potenzialmente infatti, le due caratteristiche delle PMI italiane (conduzione familiare e forte legame con il territorio) costituiscono un terreno fertilissimo per costruire un’identità online. Questi due fattori consentono agli imprenditori di godere già in partenza di una rete di relazioni consolidata nel tempo, che consente loro di fare rete con fornitori, clienti e altre imprese presenti sul territorio. Il territorio di appartenenza (comune, provincia, regione) è dunque la prima community in grado di aggregare tutti gli stakeholders dell’azienda intorno al proprio brand, ai prodotti e/o ai servizi offerti.

Ma cosa significa “essere social” per le PMI?
Considerato  il fatto che, come abbiamo detto precedentemente, gli utenti, confrontandosi sui Social Network, sono diventati esperti nel distinguere una buona offerta da un’altra meno buona, e dato che le PMI possono sfruttare gli strumenti messi a disposizione dalla rete per acquisire vantaggi in termini di competitività e relazioni con il mercato, essere social significa rispondere ad una semplicissima domanda: preferisci che sia l’azienda a far parlare di sé o lasci che ne parlino gli altri? Una PMI si considera social nel momento in cui decide di non lasciare in mano di altri la propria brand reputation e inizia a sfruttare lei le possibilità offerte dal social media marketing, ovvero quel marketing che si occupa di aumentare la visibilità aziendale sui social media e comunità virtuali ma soprattutto creare delle relazioni con gli utenti.
Essere social per le Pmi significa dunque passare definitivamente alla cultura digitale, senza sottovalutare in alcun modo l’impatto che questo cambiamento avrà sull’azienda, sui processi e sul modello operativo. In particolare, sarà fondamentale la comunicazione d’impresa, che dovrà essere ritenuta come un vero e proprio piano di lavoro i cui frutti cominceranno a vedersi sul medio-lungo termine.  

Quali sono gli step per diventare Social?
Il primo passo è ascoltare e quindi  monitorare le conversazioni. Subito dopo inizia il lavoro d’interazione e dialogo, che porterà l’azienda alla creazione di una relazione tra brand e cliente finale. Il terzo step è coinvolgere attivamente gli utenti, rendendoli  promotori dell’innovazione dei propri prodotti o servizi fino a trasformarli in veri e propri ambasciatori del marchio.
Partecipare è la parola d’ordine per costruire una propria identità social in Rete. E non si tratta di una partecipazione spensierata, ma di un’attività che richiede tempo, impegno e professionalità. Il segreto per raggiungere ottimi risultati in termini di notorietà, customer satisfaction e vendite è saper ascoltare la rete e dialogare con le persone che ne fanno parte. L’azienda deve fare molta attenzione nell’esprimere giudizi, commenti o fornire notizie, in quanto esse circolano in rete con una velocità incredibile, influenzano i giudizi di altri, e sono soggetti ad ulteriori giudizi che se per disgrazia dovessero essere negativi, rischierebbero di rovinare la reputazione del marchio. Un cliente insoddisfatto potrebbe diventare un potenziale pericolo per la reputazione aziendale: basti pensare che un suo commento negativo potrebbe essere più incisivo di 10 commenti positivi sull’azienda.
Ecco perché, per sfruttare le reti sociali, imprese piccole e grandi si stanno via via orientando verso tre attività di fondo, gestite da esperti di comunicazione, integrate tra loro e tutte fondamentali:

sviluppo di contenuti,
community management,
analytics in tempo reale, che permette alle aziende di estrarre preziosi "feedback" relativi ai propri clienti attraverso i social network più diffusi.

A livello invece di gestione della Social Analytics, sono essenzialmente 4 gli step di esperienza:

livello Reach, dove i responsabili Marketing si limitano a conoscere il numero di fan, follower, visitatori e discussioni sono in atto;
livello Engagement, dove in aggiunta vengono analizzate l’attività, la partecipazione, i commenti, i “Mi piace”, le condivisioni e i giudizi;
livello Advocacy,  nel quale si riesce a identificare e incoraggiare i comportamenti degli utenti associati con i brand così da incrementare le ricadute positive per l’azienda;
livello Return on Investment,  dove le aziende impostano addirittura strategie di business, con obiettivi precisi basati sull’analisi delle proprie reti sociali.

Come si è visto, le opportunità di innovare sfruttando la rete social esistono e vengono già sfruttate da numerose aziende con ottimi risultati. Purtroppo però in Italia, molte imprese sono ancora diffidenti verso questi nuovi potentissimi strumenti e preferiscono rimanere ancorati  ai tradizionali sistemi di pubblicità e marketing, sottovalutando le opportunità che invece offre il web per migliorare la loro competitività sui mercati nazionali ed internazionali.

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Pubblicità: la TV scende ancora, Internet sale

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Tempi duri per gli spot in tv: no, non parliamo della loro qualità (pessima, a dirla tutta), ma della loro audience e sopratutto della loro efficacia. La Tv non tira più come una volta, gli ascolti calano e gli inserzionisti scappano. A dipingere un quadro a fosche tinte ci pensa Nielsen che rende noto che nei primi 5 mesi del 2011 sono stati spesi oltre 3,8 miliardi con una contrazione rispetto allo stesso periodo del 2010 del -2,8%.

Tale risultato è dovuto principalmente alla flessione, in questa prima fase dell’anno, degli investimenti di due settori fondamentali per il mercato pubblicitario: alimentari e telecomunicazioni. A livello di mezzi i cali più consistenti si sono registrati sulla tv tradizionale, sulla stampa (in particolare free press) e sulla radio. In controtendenza Internet e le piattaforme digitali (satellite e DTT).

Prprio il web sta lentamente prendendo il posto della Tv, vuoi per l'efficacia del messaggio, vuoi per il maggior tempo speso dagli utenti davanti ad uno schermo di pc o tablet. Il digitale e il satellitare godono di buona salute: la televisione, considerando anche i marchi Sky e Fox e le tv digitali rilevate da Nielsen, chiude i primi cinque mesi in calo (-2,3%), con una raccolta superiore  a 2,1 miliardi di euro. Mentre alcune emittenti generaliste hanno chiuso i primi 5 mesi in calo, si conferma in forte crescita l’advertising sulle emittenti trasmesse in digitale terrestre con aumenti in alcuni casi superiori al 100%.

Molto positivi anche i dati relativi alle emittenti satellitari dopo un inizio dell’anno negativo. Gli investimenti su internet, superando i 230 milioni di euro senza considerare il search, continuano a crescere a doppia cifra (+15,6%) rispetto al 2010. Positivi anche i dati relativi all’out of home tv che registra un aumento del +1,7%. Il direct mail perde il -3,6% nei primi 5 mesi dell’anno ma nel mese di maggio il risultato è stato in linea con lo stesso mese del 2010. In calo l’advertising su tutti gli altri mezzi rilevati da Nielsen.

Chi paga per fare pubblicità? Lo status quo non è cambiato e i big spender sono sempre gli stessi Sono principalmente alimentari e telecomunicazioni (per entrambi -9,4%), rispettivamente il primo e il terzo settore merceologico in termini di valore dell’advertising, a determinare il calo di questi primi cinque mesi. In netto calo anche finanza/assicurazioni (-13,9%) in buona ripresa però nel mese di maggio. Tra gli altri settori trainanti del mercato si registrano crescite nel caso di automobili (+6,5%), media/editoria (+2,5%), cura persona (+11,0%) farmaceutici/sanitari (+11,9%) o cali molto più contenuti per abbigliamento (-0,3%) e distribuzione (-4,7%).

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Visual shopping: strategie di e-business per le PMI

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In un periodo di crisi, come quello attuale, che le PMI  si trovano ad affrontare è necessario scoprire e utilizzare tutti gli strumenti che consentano di innovare e rafforzare la propria struttura produttiva, razionalizzando i costi. Ecco dunque, che diviene necessario puntare su nuovi mercati per comunicare idee, esperienze e visione aziendale. Certamente lo strumento leader, capace di garantire la massima divulgazione mantenendo i costi contenuti, è il Web, attraverso non soltanto siti vetrina ed e-commerce, ma anche e soprattutto attraverso i Social Network. Si tratta, infatti, di strumenti capaci di offrire opportunità uniche, che mettono velocemente in contatto la struttura aziendale con i propri clienti, fornendo preziosissimi feedback da rivendere nel settore marketing.

Nella rosa dei social network più apprezzati dell’ultimo periodo figurano, affianco agli inossidabili, Facebook e Twitter anche Google + e Pinterest. Quest’ultimo, nato a marzo 2010, ha visto una accelerata nel numero di utenti di portanza elevata: da 1,2 milioni di iscritti ad agosto 2011 si è raggiunta quota 4 milioni a novembre 2011 fino a toccare 11 milioni ad inizio 2012. Il trend di continua crescita testimonia l’affermazione di uno strumento riconosciuto da molti come l’evoluzione dei network di image sharing come Flickr e da altri come la piattaforma futura prediletta per il visual shopping. Una cosa è certa: se l’attrazione degli utenti passa necessariamente attraverso la stimolazione visiva, Pinterest può trasformarsi in un’opportunità per molte imprese.
Poche informazioni sulle abitudini di utilizzo del servizio da parte degli utenti possono bastare per avere una panoramica delle potenzialità.
Mediamente visitano il sito 1,5 milioni di utenti che vi rimangono in media 16 minuti, la capacità di creare referral traffic è molto più elevata rispetto ai network concorrenti, tra gli utenti che hanno sentito parlare di network di condivisione di immagini il 36% ha come riferimento Pinterest e in particolare la propensione all’acquisto rispetto agli utenti di Facebook sarebbe quasi doppia.

Scopriamo insieme le potenzialità di questo strumento, cercando di capire come sfruttarlo al meglio per la crescita della nostra azienda.

Storytelling
Una impresa può trarre vantaggio dall’utilizzo di Pinterest sfruttandolo per potenziare una strategia di storytelling o improntarne una. Si tratta di una “metodologia e disciplina che usando i principi della retorica e della narratologia crea racconti influenzanti in cui vari pubblici possono riconoscersi. Lo storytelling è oggi massicciamente usato dal mondo dell'impresa, dal mondo politico, e da quello economico per promuovere e posizionare meglio valori, idee, iniziative, prodotti, consumi” (tratto da Wikipedia). Attraverso la pubblicazione di immagini tematiche si può rafforzare la storia attorno al proprio prodotto permettendo di conquistare l’interesse del pubblico stuzzicando la sua fantasia, la sua necessità di essere rassicurato e voglia di avere nuovi stimoli. Raccontar storie può esser utile per alleviare i timori, attirare l’attenzione, acquisire credibilità e veicolare il proprio messaggio in maniera più performante.

Utilizzo dei testimonial
Pinterest è il canale giusto per immettere online in maniera ingegnosa non solo le foto dei prodotti, che di per sé potrebbero avere poco appeal, ma anche quelle di eventuali testimonial ingaggiati. Sfruttando il campo sensoriale della vista il vostro prodotto potrebbe essere percepito con un’acquisita qualità e rinomanza. La strategia vincente di affiancare prodotti a volti noti è quindi assodata ma il potere di interazione e diffusione è assolutamente nuovo.

Metterci la faccia!
Più banalmente Pinterest potrebbe essere una buona vetrina per mostrare le vostre creazioni creando un portfolio online, una vetrina virtuale in cui sia dato anche spazio allo staff di professionisti che si impegnano a sviluppare e seguire il prodotto in ogni fase. L’utente è solitamente curioso, vuole sapere non solo “cosa c’è dietro” ma anche “chi c’è dietro”. Il fatto di metterci la faccia può essere un aspetto premiante. Naturalmente non bisogna scadere nell’esagerazione, se la percezione è un eccessivo autocompiacimento si può ricorrere ad un effetto opposto risultando antipatici.

Contest e concorsi
Interessante è anche il coinvolgimento dei clienti che questo strumento può aiutare ad innescare. Oltre al tipico approccio social è possibile aumentare ancora di più la gratitudine verso il cliente coinvolgendolo in “apparizioni” (sto suggerendo di far caricare al cliente foto in cui posa con i prodotti acquistati) che giocheranno doppiamente a vostro favore. Aiutano a confermare la credibilità del vostro marchio incentivando la fidelizzazione e dall’altro pongono il cliente in un piedistallo…virtuale ovviamente, ma poco importa.
“L’autoreferenzialità non si addice alla conversazione online, dove è opportuno, secondo noi, applicare l’ascolto” – si legge in un’intervista apparsa sul blog ufficiale di Pinterest al responsabile della agenzia di comunicazione che cura i profili social della pasticceria industriale Vicenzi. Oltre a queste sagge parole, Vicenzi rappresenta anche un ottimo esempio di applicazione dello storytelling sfruttando l’immagine e un esempio altrettanto riuscito di applicazione di dinamiche di gioco e partecipazione. Gli utenti sono chiamati ad interagire con il profilo aziendale su Pinterest (costruito attorno alla figura immaginaria della maestra pasticcera Matilde Vicenzi) pubblicando diverse foto al fine di creare la bacheca più bella (questo indirizzo il riassunto delle “actions” a cui i partecipanti sono chiamati per concorrere alla vittoria). Si tratta di uno dei tanti esempi che dimostrano come Pinterest, al pari di altri social network possa essere uno strumento flessibile e al tempo stesso potente ed economico.

Analisi di mercato
Pinterest ben si presta ad essere utilizzato anche come banco di prova. E’ possibile coinvolgere gli utenti affinchè esprimano la loro opinione su un determinato prodotto (magari prima di commercializzarlo) tarandolo sulle loro effettive aspettative ma è anche possibile studiare il comportamento dei visitatori al fine di stabilire qual è il prodotto che attrae di più, quale quello con più mercato, quale quello preferito dalle donne, quale quello preferito dagli uomini e così via. Le analisi di mercato sono a portata di monitor, basta saper sfruttare tutti gli input a disposizione usando anche un po’ di ingegno.

Vendere su Pinterest
Se giunti a questo punto avete ancora delle perplessità sul potere di “engagement” di Pinterest la recente ricerca condotta da Bizrate Insights su 3.741 acquirenti online provenienti da Usa e Canada può dare un’ulteriore conferma. Alla domanda “Ha mai acquistato un prodotto o un articolo dopo averne vista l’immagine su una community di image sharing come Pinterest?” Il 32% ha affermato di aver acquistato. Di questa percentuale il 26% ha condotto l’acquisto cliccando direttamente sull’immagine caricata nel social network, mentre il 6% ha rintracciato il prodotto autonomamente in rete su altri siti. Un buon 37% ha risposto di non aver acquistato ma di aver identificato prodotti appetibili. Il 10% di questi utenti hanno rinunciato all’acquisto perché i prodotti non erano disponibili o non rintracciabili mentre il 26% lo ha fatto per mancanza di tempo nella ricerca. Si tratta di dati che già testimoniano la propensione degli utenti ad utilizzare network di image sharing per informarsi sui prodotti e condurre acquisti spesso trovando incentivo sul richiamo visivo e sui call-to-action (richiesta di far qualcosa, come ad esempio cliccare su un’immagine, visitare uno store online, esprimere una preferenza ecc.).

Su Pinterest si compra, su Facebook si commenta
Secondo lo studio già citato in apertura, condotto da Steel House, gli utenti di Pinterest sarebbero il 79% più propensi ad acquistare i prodotti visualizzati rispetto agli utenti di Facebook. Il 33% di essi afferma di aver acquistato prodotti visti sul news feed del social network o sulla bacheca degli amici rispetto al 59% di utenti che avrebbero comprato su Pinterest. Il paragone è ancora lontano invece sul grado di condivisione delle scelte e acquisti effettuati a confermare che Facebook è ancora il canale preminente per informare gli amici circa le proprie “soddisfazioni” da shopping (55%) seguito da Twitter (22%). Pinterest si deve accontentare del 14% seguito dal 5% di Instagram. Vista la crescente imposizione del mobile internet, la ricerca ha provato ad indagare anche le abitudini di interazione degli acquirenti utilizzando lo smartphone. Si è evidenziato come il 43% degli intervistati abbia scaricato l’applicazione specifica di un determinato negozio per apprezzarne il catalogo prodotti (32%), effettuare acquisti (22%) e conoscere sconti e offerte (26%). Quasi un terzo di essi ammette di preferire però gli acquisti attraverso l’e-commerce classico. Ciò che per l’ennesima volta viene confermata è la fiducia data alle recensioni degli altri utenti. Nel 98% dei casi esse rappresentano l’elemento di maggior influenza sulla decisione finale nel caso di acquisto online ed è proprio per questo che il 72% dei consumatori legge sempre i commenti e consigli altrui anticipatamente.

Ancora una volta la reputazione dell’azienda si gioca prevalentemente online e si misura in larga parte sulla capacità di alimentare un flusso comunicativo positivo, un e-buzzing non polemico ed accattivante che necessariamente passa attraverso i social network. Pinterest è quel libro delle favole con il quale nonni e genitori invocavano Orfeo nell’età della nostra fanciullezza affinchè venisse ad abbracciarci e ci regalasse dei sogni d’oro. Oggi in pochi click possiamo anche portarci a casa un feticcio di quel sogno. Basta solo abbandonarsi alla seduzione del racconto, farsi condurre al prodotto e… procedere con la carta di credito. Tutta un’altra storia.

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Impresa 2.0: divulgare la cultura della digitalizzazione

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“Il futuro è nelle mani dei “digital makers”, cioè di coloro che riusciranno a capire che la cultura digitale è legata a quella artigianale perché completa l’oggetto, avvicinandolo al contesto e ai comportamenti sociali”. Questo è quanto afferma la responsabile regionale dei giovani imprenditori Elisa Muratori, a margine dell’incontro voluto da  CNA Emilia-Romagna con imprenditori, ricercatori e professionisti in occasione dell’illustrazione delle finalità del progetto pilota “Impresa 2.0”, volto a proiettare le PMI nel mondo interattivo supportandole nell’utilizzo di tutte le applicazioni del web.
Strategie manageriali innovative e maggiore visibilità sul mercato sono diventate ormai necessità delle PMI per continuare ad essere competitivi a livello globale. Il progetto nasce appunto dall’idea secondo la quale le imprese al giorno d’oggi devono essere in grado di saper assumere le decisioni più efficaci dal punto di vista del marketing, utilizzando al meglio conoscenze e strumenti innovativi come i network sociali. “Il cliente – spiega Gabriele Morelli, segretario regionale CNA – diventa un partner, coinvolto nel processo di marketing e sviluppo. Il sito web aziendale deve offrire il maggior numero di servizi possibili, interagire con l’utente, influenzandone il processo di acquisto anche on line. La pagina web diviene uno strumento dinamico che fa da ponte verso il mercato esterno: un vero e proprio strumento di lavoro aziendale”.

L’articolazione del progetto
CNA Innovazione si è avvalsa della collaborazione dell’Università degli Studi di Milano, che in sinergia con Google, ha avviato un laboratorio di search marketing. Il progetto è strutturato seguendo la sperimentazione di un percorso di assistenza, consulenza e formazione rivolta ad aziende artigiane e PMI di alcuni distretti della regione, intenzionate realmente a cogliere le nuove opportunità del mercato digitale. Il coinvolgimento di imprenditori, ricercatori e professionisti in questa fase di sperimentazione mira a sviluppare alcune riflessioni sulle opportunità generate dalle aggregazioni tra imprese (reti), per approfondire il tema del design management e degli strumenti Web 2.0, al fine di favorire un aumento del bacino di utenza per le imprese attraverso comunicazioni più rapide ed efficaci.

L’importanza di essere sul web
“Essere presenti sul web – dice Morelli - è diventato necessario per ogni azienda che vuole competere con successo nel proprio mercato, farsi trovare da chi la cerca su Internet e ottimizzare al meglio i propri investimenti pubblicitari, misurando l’efficacia di ogni centesimo speso”.
In un contesto in cui le piccole imprese, eccellenze  del Made in Italy, soffrono maledettamente la concorrenza internazionale  sul piano dei costi, attuare strategie di marketing innovative nella produzione ad esempio di artigianato artistico, prodotti alimentari di nicchia, abbigliamento e arredamento “custom made”, significa aumentare le opportunità di business accrescendo visibilità e notorietà sul mercato. Lo ribadisce Daniele Magni, responsabile regionale politiche economiche CNA, affermando che “per comprendere il comportamento degli utenti e i loro interessi specifici, occorre interagire direttamente con loro, migliorandone il posizionamento on line e sfruttando l’"effetto rete” di blog, forum, social network”. Tuttavia, le PMI non possono agire da sole per poter sfruttare al meglio le opportunità della rete, dato che la maggior parte di esse non possiede la conoscenza degli strumenti e delle potenzialità del Web 2.0: “Agendo da sole - prosegue Magni - le PMI non sono in grado di sostenere gli investimenti necessari per avviare i singoli siti, e, anche a causa della carenza di risorse umane qualificate, di superare ostacoli legati alla bassa notorietà dei propri marchi, valorizzare e promuovere quindi, le proprie produzioni tipiche sui mercati nazionali ed esteri”.
Pertanto, per far si che le piccole aziende eccellenti comincino ad avere le competenze minime per mantenere una presenza attiva e dinamica nel web, le istituzioni devono promuovere l’uso dei nuovi canali commerciali. Questo è ciò che farà CNA Emilia Romagna, divulgando all’interno del proprio sistema associativo i risultati della sperimentazione per raggiungere un bacino più ampio di imprese, con l’obiettivo di condividere un metodo di buone prassi facilmente replicabile in futuro ed accrescere il grado di informatizzazione nei settori artigianali.

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